Ho un prurito proprio qui, dietro l’orecchio, dove poggio gli occhiali da presbite.
Non sono simpatica come il mio cucciolo (nella foto) quando mi gratto.
Quando prude dietro l’orecchio e sono costretta a sfilare gli occhiali vuol dire che qualcosa è successo.
Non mi agito per ciò che mi tocca personalmente: strato dopo strato ogni fastidio si è depositato e non desta più il mio interesse.
Invece tutto cambia se la questione riguarda i miei bimbi: non riesco a restare indifferente quando mi dicono che non amano la matematica dopo aver lavorato duramente con me.
Badate, sono la prima che esige ordine nello svolgimento dei compiti, che non ascolta le scuse per i lavori non eseguiti, che vuole la costanza nel lavoro anche in vacanza nell’ottica di non perdere il filo ma se, dopo tutto questo impegno e la conseguente comprensione della materia, uno dei miei bimbi dice che non ama la matematica ... devo proprio togliere gli occhiali e grattarmi dietro l’orecchio.
Il primo attore in scena che metto sotto esame sono naturalmente “io” e conseguentemente il mio operato. Vedo i miei errori, cerco di imparare da essi, e non presumo di essere perfetta, quindi sono molto cauta quando si tratta di criticare il lavoro altrui.
Ma... mi spiace ammetterlo, molte volte il prurito me lo provocano gli insegnanti e le loro verifiche, test, blitz, compiti in classe…
In quest’ultima decina di giorni (considerando anche quelli di vacanza dalla scuola!!!) ho visto testi di verifiche con innumerevoli “sgambetti”.
Cosa intendo per sgambetti?
Sono quelle domande poste in modo da far cadere il numero più elevato possibile di alunni.
Un insegnante può creare dubbi anche nello studente più scaltro ponendo la domanda nel modo “giusto”, con un grande effetto sul risultato finale.
E quando vedo che più ragazzi inciampano nello stesso esercizio avendo svolto correttamente sia il precedente che il successivo (perché hanno imparato l’argomento)...mi infastidisco perché l’errore non è dovuto ad una loro mancanza ma ad un nuovo punto di vista su cui vengono sollecitati per la prima volta durante una verifica.
Mi è capitato anche di veder chiedere argomenti appena accennati a lezione, i cui esercizi a casa avevano come termine di consegna una data successiva alla verifica.
Io lavoro con studenti dei primi anni delle medie, ancora molto giovani, che eseguono i compiti come da calendario e in pochissimi casi anticipano di una settimana il lavoro.
Facile intuire la percentuale degli studenti che hanno fallito la verifica.
Viene richiesto un battito d’ali che non è da tutti. Risulta fuori luogo alle medie.
Una verifica, irritante doverlo puntualizzare, deve verificare lo studio e la comprensione dell’argomento su cui si ha avuto modo di lavorare e non soltanto premiare l’innata attitudine verso la materia.
Mettere i ragazzi di fronte a situazioni difficili per una mancata comprensione della consegna dovuta ad un sovraccarico di informazioni in un momento che già li vede tesi... beh, io lo trovo estremamente controproducente.
Per quanto si applichino nello studio, per quanto io li aiuti, si sentiranno sempre disarmati al momento della verifica, proprio perché lo sono, e prima o poi non troveranno più motivi per continuare a studiare e andranno a riempire le fila di coloro che odiano la matematica.
Mi chiedo se questo sia l’obiettivo finale di un’insegnante.
Ma io non posso fare altro che trovare nuove energie per catturare la loro attenzione, continuare a insegnare e risolvere esercizi, uno dopo l’altro, infilandomi nuovamente gli occhiali e ignorando puntualmente quel fastidioso prurito dietro l’orecchio
...e talvolta limitarmi a scrivere una pagina dai toni che non uso abitualmente.
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