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I "grazie " non detti

La gratitudine è il motore delle relazioni umane sane, uno scambio di reciproca stima, e la si percepisce con i fatti, gli atteggiamenti e con le parole. Quando il “grazie “ non arriva può essere irritante. Ho in mente tuttavia una situazione in cui il riconoscimento di un lavoro ben fatto non si manifesta con la parola “grazie” ma proprio tramite la sua omissione. Il mio quotidiano lavorativo è abbastanza faticoso: devo affrontare temi ostili inerenti la matematica, con ragazzi che hanno disturbi specifici dell’apprendimento o, come accade ogni tanto, anche problemi cognitivi. Dopo molto lavoro da entrambe le parti, mio e del mio allievo, arriva il tanto agognato: “Ce l’ho fatta!”  Il bimbo esulta soddisfatto perché ha capito un argomento, un passaggio, un ragionamento, e quell’istante ripaga di tutti i sacrifici fatti. Io, dal mio lato della scrivania, gioisco del meritato successo, faccio complimenti, creo le basi per la costruzione di una nuova autostima, più positiva
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la Proprietà Distruttiva

Domani qui, in Ticino, inizia la scuola. Sento elettricità nell'aria ed emozione nei miei bimbi.  Hanno riposato, fatto vacanza e creato il vuoto. Alcuni dimenticano come eseguire i calcoli a mente, non più allenati nell'uso delle strategie, altri non riescono ad orientarsi nei formulari, altri ancora dimenticano parole e definizioni.  E così, per magia, appare la Proprietà Distruttiva delle moltiplicazioni, una proprietà che fino all'anno scorso permetteva di eseguire i calcoli di una espressione lavorando con il nome di proprietà distributiva ma che adesso spazza con un solo battito di ciglia la tensione e la fatica dell'inizio della scuola e strappa una sonora risata. E così deve essere. Via tutte le paure. Mantenete il focus sulla vostra crescita perché imparare è entusiasmante. E con la vostra proprietà distruttiva contagiate in un effetto domino tutti quelli che vi stanno accanto, genitori e insegnanti! Forza ragazzi, ridete !

qualQuadra non Cosa

- La nonna di Paolo, che ha 60 anni, ha comprato 6 libri per i suoi 3 nipotini. Quanti libri riceverà ciascun nipotino? - Manca un dato. - Non credo manchi un dato. - Sì invece. - E quale dato manca? - Manca il numero delle pagine di ogni libro.  - Ma non è un dato utile. ' E allora come faccio a sapere quale libro devo dare al più grande che legge più velocemente e al più piccolo che legge più lentamente? Questo dialogo è avvenuto tra me e un bimbo della scuola elementare.  A quell'età i bambini devono individuare i dati utili all'interno dei problemi eliminando quelli superflui.  Il mio allievo ha ritenuto non solo che non ci fossero dati inutili ma che ce ne fossero di mancanti. Per un bambino non è la stessa cosa ricevere un regalo grande o uno piccolo, mangiare una fetta di torta grande o piccola. C’è una sostanziale differenza che non può essere trascurata da parte sua, nemmeno quando si tratta di rappresentare una situazione da risolvere con una semplice

Contare con le dita

Contare con le dita Non soltanto addizioni e sottrazioni ma anche moltiplicazioni e divisioni Ho avuto con me una bimba di quarta elementare che non sapeva fare somme e sottrazioni a mente. Contava, non calcolava. Riusciva ad eseguire le operazioni in colonna perché eseguiva con le dita ogni calcolo del procedimento, contando. Solitamente cerco di recuperare la capacità di calcolare a mente spiegando ciò che per la maggior parte dei bambini è istintivo: una strategia per evitare di contare e per ridurre al minimo il tempo di risoluzione.  Ci si basa su fatti numerici che si apprendono con il tempo, si impara a visualizzare gli amici del 10 e così via fino ad avere un "trucchetto" per ogni calcolo. Ma capita qualche volta che non si riesca proprio ad apprendere nessuna scorciatoia e allora il contare diventa l'unica soluzione.  E si conta con le dita. Fortuna vuole che ciò che noi usiamo abitualmente sia un sistema numerico decimale.  Addizioni e sottrazioni so

Mal di Tabelline? No grazie!! (episodio 3)

Ho una bimba che deve fare gare di tabelline.  Non vince mai.  Il suo silenzio non era visto bene. È stato frainteso. La lentezza nel recuperare i fatti numerici non è stata capita e ha bloccato l'apprendimento.  Le hanno detto almeno di provarci e lei spara numeri a caso senza pensare, soltanto per dimostrare che si impegna. Poi è venuta da me. Abbiamo lavorato con vari strumenti per imparare 2×3 e 2×4. Dopo un paio di settimane abbiamo potuto aggiungere 2×8 e 3×4. Poi altre due e poi ancora un paio. Nel frattempo abbiamo imparato a conoscerci ma soprattutto lei ha imparato che può imparare per poi dimenticare ma per poter imparare nuovamente.  Nel frattempo ha imparato a gestire la tavola pitagorica,  con velocità e precisione.  Nel frattempo abbiamo preso gusto a registrare brevi video per mostrare ai genitori i progressi.  Nel frattempo quando lei recita la parte della studentessa che sa le tabelline ripete perfettamente quelle tabelline…le stesse che non riusciva a

Mal di Tabelline? No grazie!! (episodio 2)

Ho un bimbo con ADHD, fatica a concentrarsi e ha una memoria di lavoro fragile. Questo implica che, durante lo svolgimento di un calcolo, il processo debba essere sostenuto in modo da poter giungere alla fine senza interruzioni. Tenere a mente i numeri non è cosa semplice. Anche le tabelline sono un problema da sempre. Non le ha imparate perchè le dimenticava velocemente. Ad un certo punto ha smesso di provarci. Abbiamo iniziato a lavorare con la tavola pitagorica e moltiplicazioni e divisioni sono diventate gestibili. Ma guardare continuamente la tavola pitagorica distoglie l'attenzione dal procedimento di calcolo. Gli ho proposto di ripassare le tabelline.  Ha avuto una crisi di pianto. Senza lacrime. Non dico che fosse un capriccio, era ansia e paura di misurarsi con una nuova sconfitta, qualcosa che lo avrebbe fatto sentire diverso dai compagni. Ma come un capriccio l'ho trattato senza dargli troppo peso. Gli ho dato in cambio la fiducia, o lui l'

Mal di Tabelline? No grazie!! (episodio 1)

Ho preso a carico un bimbo che era in quarta elementare.  Non sapeva contare. Non sapeva calcolare. Avevano detto "discalculico". Croce sopra… Non sapeva le tabelline. Non le aveva mai studiate (avevano detto che, in quanto discalculico, era dispensato dall'uso delle tabelline… aveva capito di essere dispensato dall'impararle e quindi non ci aveva mai provato) ovvio che non le sapesse. Abbiamo iniziato a studiarle insieme a memoria e la memoria a lungo termine funzionava per un certo periodo, non molto, ma quel tanto che bastava per progredire. Ha impiegato più tempo ad accettare che poteva provare a studiarle, che a studiare! Non sapeva fare le somme ma  le moltiplicazioni erano sempre giuste. Non sapeva fare la sottrazione ma la divisione non aveva segreti. Ha imparato ad usare la calcolatrice, bisogna imparare ad usare bene ogni strumento a disposizione ma solo quando serve. Molto spesso le moltiplicazioni le fa a mente perchè impiega meno tempo e fa me

La regola del tre

Le regole se sono regole possono adattarsi? Ne avevo una per suonare il pianoforte, tanti anni fa. Studiavo una battuta, la provavo sui tasti. Una prima volta, una seconda e una terza. Se in queste tre volte compariva un errore o anche solo una sbavatura ricominciavo da capo I'esercizio e a contare fino a 3.  Se invece tutto filava liscio proseguivo con una nuova battuta. Ho applicato questa regola con i miei studenti per vedere se funzionava: si affronta un argomento e al termine dello studio li metto alla prova 3 volte. Se non sbagliano possiamo andare avanti. L'argomento è capito.  Se c'è un errore si ricomincia dal principio con lo studio e anche a contare fino a 3.  Alcuni dei miei bimbi però hanno voluto verificare che la regola funzioni un po' prima, non hanno tempo da perdere...e le 3 volte non sono più solo una conferma di ciò che si è appreso ma una guida per imparare a studiare.  Leggono una prima volta, non capiscono tanto bene, ma non c'è

Sassi

Quante reiterazioni di un evento sono necessarie? Quante onde casuali intervengono nel rotolare senza sosta di un sasso? Quante volte accade che un vertice venga smussato? Movimenti caotici, descrivibili da modelli matematici che io non posso immaginare, si susseguono dai fondali più profondi fino alla spiaggia, fino ai miei piedi.  E mi consegnano il sasso, sempre più vicino alla perfezione.  Passo ore alla ricerca della sua "forma", armonia tra l'imprevedibile e la semplicità, per costruire un ovale talmente regolare da poter essere disegnato. Questo caos di movimenti, casualità, ripetizioni, porta all'entropia, il disordine che ho studiato in chimica e in fisica e che ho interpretato come qualcosa di inutilizzabile, sinonimo della fine di tutto.  Un processo che arrivi al suo stato di massima entropia può dichiararsi concluso. Eppure i sassi, al termine del loro percorso sono perfetti, nella forma, nel colore, nelle sfumature. Forse non è ancora la lo

i nodi

Amavo correre con il vento in faccia, libera, selvatica. Io, mio fratello e i miei due cugini andavamo giù dalla ripa e poi ci dondolavamo tra le liane che scendevano giù dagli alberi. Non temevamo nulla, nessun animale, nemmeno i ragni che affollavano qualche tana abbandonata. Ogni anfratto era un nascondiglio, un posto in cui arrivare per primi. Mio nonno, un uomo buono, con il viso spigoloso scavato dalle rughe, per tenerci vicini a casa ci raccontava del vigile Giuseppe, pronto a fare multe salatissime ai bambini monelli. Penso che il vigile Giuseppe sia nato quando io avevo circa 5 anni, il giorno in cui ho fatto un capriccio di troppo per mangiare la verdura. Ed è vissuto nei nostri racconti, per una decina d'anni fino all'età della meritata pensione. Senza alzare un dito o emettere un suono, senza mai esistere veramente, è riuscito a tenere a bada 4 bambini scatenati. La divisa, il fischietto argentato dal suono mai udito non erano da sfidare. E ancora og

vincenti diversi

Mi alzavo presto la mattina e preparavo la colazione: uova, spremuta di arancia e caffè, la colazione dello sciatore. Il caffè lo bevevo io, che non sciavo. Le uova e la spremuta erano per Matteo, mio figlio, che sciava. Era in una squadra preagonistica…o come diceva lui a cinque anni: “Faccio Agonia”. E per me, che non sono una sportiva, si trattava di una vera agonia. Non ho spirito agonistico, non mi piace gareggiare, nemmeno partecipare. Ma mi piace vincere. Mi piace faticare, lottare e vincere. Non nello sport. In altre cose della vita. Forse a voi piace lo sport ma, si sa, siamo tutti diversi. In una cosa però siamo tutti uguali: ci mettiamo in gioco con tutte le nostre forze in qualcosa in cui crediamo o, meglio, in cui crediamo di poter vincere. Un’altra cosa in cui forse siamo tutti un po’ simili è che alla maggior parte di noi piace immedesimarci nelle storie che sanno di fatica, impegno ma infine vittoria. Ed è la storia di Giulio che in questo momento ci appassi

genitori consapevoli

https://emozioni.ch/digitale.php Ero già mamma di un bellissimo bambino. Ma era lo stesso la prima volta.  L’odore di disinfettante e il telo verde li conoscevo già e non si sono fermati nella mia memoria. Non tutto rimane. Sono passati diciassette anni ed era la prima volta che vedevo mia figlia. Mi ha udito e mentre le dicevo che era bellissima puntava gli occhi verso la mia voce. Con le ciglia lunghissime accennava il suo primo battito di palpebre. Era infagottata, tra le mani di una sconosciuta abituata al miracolo quotidiano della vita che sarebbe svanita lasciandoci “noi” per sempre. Occhi grandi e profumo di buono, una pelle morbida e tesa, una dolcezza infinita. Passava il tempo. Cresceva: aveva boccoli biondi che non avrei mai osato desiderare. Li pettinavo cercando di imparare come carezzarli per renderli dorati e lucidi. Li raccoglievo sulla nuca lasciando cadere qualche ciocca in modo che si muovesse libera all’aria mentre lei correva. Una principessa selvaggia, come fosse

sentire la paura

 https://emozioni.ch/scrittori-articoli.php?Autore=Anna%20Benenti Empatia…ora non so cosa sia, sono nel dormiveglia, un piede giù per terra e l’altro ancora avvolto dalle lenzuola, impedito nei movimenti. I miei pensieri sono confusi: è ora di alzarmi e lavorare o posso permettermi ancora minuti di pausa? Cerco il comodino con la mano e circondata dal buio tento di capire dove ho dormito. Trovo una superficie di plastica liscia su cui sono appoggiati tre sassi ovali che ho raccolto in estate sulla spiaggia: sono al mare, fantastico! Posso recuperare i pensieri con calma.  Ieri sera siamo arrivati tardi e sento ancora tutta la stanchezza del viaggio. Varcata la soglia di casa ho riempito di acqua la ciotola dei cani. Ho annusato l’aria. Un rito come tanti. Ora ricordo. Mi alzo. Accantono per un attimo il pensiero dell'empatia. Accendo il tablet per leggere le notizie e dal terrazzo vedo il mare in lontananza. Non è vacanza. Ma trascorrere il fine settimana al mare vuol dire non dove

l'attimo fuggente

https://emozioni.ch/scrittori-articoli.php?Autore=Anna%20Benenti Un girocollo di perle rosa, minuscole, tenute insieme da una sottile catenina con foglie d'oro, delicate e leggere come petali, riuscite ad immaginarla? E una semplice camicia bianca ben inamidata, profumata di pulito. Come piace a me, un piccolo tocco di estro e creatività accompagnato da qualcosa di classico. Adoravo indossare quel monile!  Orgoglio e tenerezza, un'alternanza di sensazioni e ricordi ogni volta che agganciavo le estremità intorno al collo. Orgoglio per il traguardo che avevo raggiunto nonostante mille difficoltà, tenerezza perchè la mia felicità era stata dolce in quel momento.  Quel giorno,  mentre camminavo verso il gate, in anticipo come al solito sull'orario del volo,  mi fermavo ad ogni vetrina trascinando il trolley e vagavo con la mente vuota tra un manichino e un bancone. Ricordo lo sguardo rapido, quasi premonitore, che ho dato al girocollo specchiandomi nel reparto di una profumeria

il mio supereroe

https://emozioni.ch/digitale.php La sua manina stava tutta nella mia e la pelle morbida come quella del viso aveva un profumo dolce di bimbo, il mio. Controvoglia ogni tanto gli accorciavo i capelli rinunciando ai suoi boccoli dorati e sottili che sapevo bene non sarebbero durati ancora per molti anni, la crescita li avrebbe cambiati. Aveva avuto sin dal primo giorno di vita una ciocca nerissima, proprio al centro della testa, che con il passare del tempo è precocemente imbiancata, come se un pezzetto minuscolo della sua mente fosse maturato con largo anticipo rispetto ai suoi coetanei. Ho sempre immaginato di potermi rivolgere a lui per ottenere un punto di vista non banale, critico, in qualche occasione profondo. Molto spesso le mie aspettative non sono state deluse. Forse l’ho caricato di una responsabilità per cui è stato costretto ad adeguarsi al ruolo di adulto precoce, o magari il fatto di appoggiarmi a lui era una semplice conseguenza della sua affidabilità che come mamma ho

Autostima

“Professore straordinario” - Rispondevo così quando ero piccola e mi chiedevano che lavoro facesse mio padre. In quello straordinario c’era tutto il mio mondo. Quell’essere eccezionale che ogni mattina usciva di casa per andare a lavorare, bello, elegante, serio, molto serio, troppo serio, quello era il mio papà.  Ed era veramente straordinario! In quegli anni, dopo essere stato assistente di ruolo per una cattedra universitaria, si diventava professore straordinario.  Mi chiedo tutt’oggi se l'ideatore di questo titolo avesse un malcelato ghigno quando ha approvato l’appellativo di questa carica. Avrà ammiccato ai suoi colleghi, sfiorandoli con il gomito, pensando al gioco di parole. Una trappola in cui io, giovanissima, sono caduta. Mio malgrado dopo tre anni di onorato servizio come professore straordinario mio padre è stato esaminato e promosso a professore ordinario.  Io non devo averla presa troppo bene perché ancora oggi ricordo la delusione di non poter più dire

Coincidenze

Sono passati esattamente 9 anni dal giorno in cui sono venuta a vivere definitivamente in Svizzera. Un'esperienza di cui ho scritto per Emozioni (un trimestrale che vi invito a scoprire) nel Dicembre 2021.  https://www.emozioni.ch/scrittori-articoli.php?Autore=Anna%20Benenti Si rifletteva sul cambiamento, su come ciascuno di noi "scrittori emozionanti" avesse vissuto o vedesse il cambiamento.  Io ho rivolto la mia attenzione su ciò che i ragazzi vivono quando vengono osservati nel momento della crescita, e quindi del cambiamento, e su quali parole fare leva per indirizzare al meglio il loro percorso e la visione che avranno di sé, anche quando le condizioni non sono le più favorevoli a causa dei disturbi di apprendimento. In questi giorni il tema ritorna sotto la mia lente di ingrandimento per la puntata di MiA30' del 11 gennaio 2023 con Micaela Orsenigo, alla quale vi consiglio di non mancare. Intanto vi ripropongo l'articolo comparso su Emozioni. Buona lettura!

buoni propositi

Siete da Pandoro o da Panettone? Togliete i canditi o comprate direttamente il panettone al cioccolato? A me piace tutto,  tantissimo! Ma adoro il pandoro con la sua nuvola di zucchero vanigliato, meglio se accompagnato da una soffice crema al mascarpone.  Quest'anno però non ne ho mangiato a sufficienza, devo ammetterlo. I sensi di colpa si sono presentati in anticipo.  Li preferisco quando non interferiscono con la mia vita e si presentano a posteriori. Scelgo la leggerezza, l'ottimismo. L’azione sostenuta da idee che sanno di buono. E a Capodanno i buoni propositi sono necessari come lo zucchero vanigliato. Ne  avete focalizzato almeno uno degno di caratterizzare l’intero anno che vi aspetta? Avete un obiettivo da raggiungere entro l'anno? Io terminerò di scrivere le lezioni a cui sto lavorando ormai da diverso tempo. Sarà un bel traguardo e un buon punto di partenza per gli anni successivi. Mi dedicherò ai miei studenti, come sempre. Sicuramente terrò al rip

Magia!

Un fine settimana fuori porta, a vedere luoghi dell'infanzia che non ricordavo più, con amici che ho conosciuto dopo i quarant'anni.  Stacco i pensieri,  penso soltanto a cose futili, discorsi per passare il tempo in compagnia.  Serve,  serve a tanto, il tempo trascorso a perder tempo. Serve a caricare il cuore e il cervello. E in questo girovagare incontro sconosciuti. Mi piace parlare, conoscere. Sono curiosa come una scimmia. Loro sono le mille vite di persone normali che avrei potuto vivere. Avrei voluto essere una pianista,  una pittrice, un medico, un avvocato.  Avrei potuto scegliere un lavoro che mi costringesse a viaggiare, a parlare di affari, a dire: "compro tutto, vendo tutto". E invece ho fatto la mamma, la moglie, la figlia. Ho sempre continuato a studiare, a scrivere, a disegnare, a suonare per diletto…e ora sono una tutor dell'apprendimento.  Mi è mancata tantissimo la carriera, perchè sono sicura che ne avrei fatta tanta, "tutta quella che si

Apriamo gli occhi!

Passeggiavo con i miei bassotti, più pensierosa del solito. Testa china attenta ad ogni passo. La strada che costeggia il lato est della mia casa è sempre affollata di persone che camminano con i loro cani, che corrono inseguendo la forma fisica perfetta, che passeggiano spingendo passeggini o ancora pedalano tra il profumo di alberi e cespugli di erbe aromatiche. Tutti salutano con un sorriso, anche quelli che sono al telefono con le cuffie, anche quelli che lo fanno a bassa voce per non svegliare il bimbo addormentato, anche quelli con il fiatone. Proprio tutti! Anche se non conoscono nessuno. Quel giorno per me erano ombre non molto definite ma anche le ombre salutavano e io ricambiavo, intenta nello sforzo di riconoscere un volto dai gesti della mano. Quasi impossibile. Alcuni avranno pensato che io fossi sulle mie, anche perché non sorridevo per niente intenta com’ero ad osservare i miei passi e a proteggere gli occhi dal troppo sole. Altri, quelli che mi conoscono meno, avranno p

in viaggio

Sono in Sicilia, da mia mamma. Mare cristallino, profumo di fiori che si schiudono la sera e sapore di mare che arriva in camera la mattina presto dalle finestre socchiuse.  Per me una terra di vacanza, assenza di lavoro, nessuna scadenza. Un miraggio che diventa realtà ogni anno sin da piccola. Quando ero giovane il viaggio era eterno e rovente; attraversavo l’Italia da Torino a Reggio Calabria dormendo sui sedili posteriori di un furgone rosso fuoco. Non c'erano finestrini dietro ma soltanto due deflettori che si aprivano di una decina di centimetri a compasso. Non entrava un filo d’aria e io dormivo per non patire. 27 ore di macchina a 80 km orari. Mia mamma seduta davanti con mio fratello in braccio cantava tutte le sigle dei cartoni animati; lui parlava in continuazione e non dormiva mai. Ogni tanto compravamo delle caramelle a forma di ciuccio per avere qualcosa che interrompesse la monotonia del viaggio ma il viaggio era monotono lo stesso e in compenso mio frate