L’altro giorno mi è capitato di partecipare ad un gioco un po’ particolare, una specie di indagine alla Sherlock Holmes.
Dovevo capire quale argomento fosse stato svolto in classe dalla professoressa di una mia allieva e spiegarglielo nuovamente in modo che apprendesse al meglio aggirando gli ostacoli della discalculia.
Non avevo nessun appunto della lezione a disposizione come spesso mi capita. Non si tratta di mancanza di voglia di lavorare da parte della mia bimba ma della sua difficoltà nel prendere appunti senza perdere passaggi preziosi del procedimento di calcolo illustrato dall’insegnante. Per questo sovente qualche compagna di classe le fornisce gli appunti. Ma quel pomeriggio niente da fare, nulla in arrivo.
E non era stata data nessuna consegna per il lavoro a casa.
Quindi l’unica cosa di cui ero certa è che la professoressa quel mattino era entrata in aula e aveva tenuto una lezione di matematica.
Ottimo punto di partenza.
Primo passo: verificare se era stata trattata geometria o aritmetica.
Risposta: “C’erano delle righe ma non erano delle figure geometriche.”
Secondo passo: individuare l’ultimo argomento affrontato sul quaderno di aritmetica.
Risposta: “Le frazioni ma questa volta ce n’erano tante, tutte in fila.”
Involontariamente mi erano stati forniti un numero indescrivibile di indizi con una sola risposta: il nuovo argomento è strettamente collegato a quello precedente ed è stata indicata anche una primordiale descrizione del procedimento insegnato.
Terzo passo: scrivere sulla lavagna una serie di operazioni con le frazioni, le potenze, le somme, i prodotti, le sottrazioni e osservare ogni espressione microfacciale per cogliere un movimento fugace delle sopracciglia dovuto al riconoscimento dell’argomento.
Risposta (insperata): “Erano le somme!”
Quarto passo: individuare il metodo utilizzato dall'insegnante per eseguire l’addizione di due frazioni.
E sì, perché non basta individuare l’argomento per spiegarlo. Bisogna ripercorrere tutti i passaggi come sono stati affrontati a lezione in classe per rendere possibile la comprensione delle lezioni successive.
Per intenderci ci sono professori che eseguono la somma di due frazioni tenendole separate e portandole allo stesso denominatore. Altri invece tirano una bella linea e scrivono al di sotto il comune denominatore ed eseguono divisioni e moltiplicazioni per ricavare i due numeratori da scrivere al di sopra della linea.
A livello teorico non cambia nulla. Ogni insegnante prende la via con cui pensa di lavorare meglio.
Il tutor si deve adeguare a ciò che viene spiegato dall’insegnante in classe e riproporlo con le dovute attenzioni per renderlo comprensibile e assimilabile in considerazione dei disturbi di apprendimento.
Molte volte ho avuto la tentazione di spiegare in un altro modo, più breve, più semplice, più elegante….poco importa. Non si deve cadere in questa trappola perché il compito principale del tutor è quello di fornire un aiuto per una migliore comprensione di ciò che viene svolto in classe, perché sia proficuo anche il tempo trascorso in aula ma soprattutto perché in sede di verifica il singolo argomento verrà proposto e corretto secondo certi canoni che devono essere riconoscibili. Lo studente con DSA ha già molti ostacoli da superare e deve sentire necessariamente di muoversi in un ambito perfettamente conosciuto.
Per ritornare all’esempio, se noi insegniamo l’addizione tenendo separate le frazioni fino alla presentazione del risultato e invece l’insegnante in verifica propone uno schema di risoluzione con una linea lunga e un solo spazio da completare a denominatore la nostra bimba rimarrà disorientata e nella maggior parte dei casi non risolverà nessun esercizio pur avendo studiato e appreso. Molte volte non riconoscerà l’argomento. Non avremo certo raggiunto lo scopo di aiutare.
Il quarto passo nella nostra indagine è il più difficile da effettuare ma anche il più importante.
Per questo motivo un tutor deve conoscere i vari metodi di spiegazione di ogni singolo argomento, deve individuarne il più comprensibile ma in ogni caso deve uniformarsi il più possibile alla spiegazione del professore.
Forse in questo quarto passo risiede la vera differenza tra un tutor ed un esperto di materia, un genitore abile con la matematica o un nonno desideroso di aiutare: fornire gli strumenti per comprendere la spiegazione dell’insegnante e affrontare al meglio la verifica, considerando sempre le difficoltà imposte dal DSA.
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