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Coincidenze




Sono passati esattamente 9 anni dal giorno in cui sono venuta a vivere definitivamente in Svizzera.

Un'esperienza di cui ho scritto per Emozioni (un trimestrale che vi invito a scoprire) nel Dicembre 2021. 

https://www.emozioni.ch/scrittori-articoli.php?Autore=Anna%20Benenti

Si rifletteva sul cambiamento, su come ciascuno di noi "scrittori emozionanti" avesse vissuto o vedesse il cambiamento. 

Io ho rivolto la mia attenzione su ciò che i ragazzi vivono quando vengono osservati nel momento della crescita, e quindi del cambiamento, e su quali parole fare leva per indirizzare al meglio il loro percorso e la visione che avranno di sé, anche quando le condizioni non sono le più favorevoli a causa dei disturbi di apprendimento.

In questi giorni il tema ritorna sotto la mia lente di ingrandimento per la puntata di MiA30' del 11 gennaio 2023 con Micaela Orsenigo, alla quale vi consiglio di non mancare.

Intanto vi ripropongo l'articolo comparso su Emozioni. Buona lettura!

Le parole magiche

Qualche anno fa  ho caricato poche cose in ascensore, ho varcato la soglia di una porta che non riconoscevo, cercato a tentoni l’interruttore della luce e ho sfilato il cappotto.  

Ho traslocato in un’altra città. Tutto in un solo giorno.

Ma con il trasloco sapevo di non aver ancora cambiato “casa”. La mia era dove avevo vissuto per quindici anni con la famiglia, nella città dove ero nata quarant’anni prima.

Avevo deciso, pensato, programmato e immaginato il cambiamento ma l’ho vissuto molto tempo dopo il trasloco.

Perché il cambiamento non avviene in un istante come conseguenza di una singola azione.

Ci sono voluti mesi per sentirmi veramente a casa, per guardare fuori dalla finestra e vedere non soltanto il cielo, gli alberi e le persone ma per associare ad ognuna delle immagini un ricordo: l’ultimo temporale, la fioritura di un albero, il caffè a casa di una vicina.

Il desiderio di cambiamento era stato l’obiettivo e ho dovuto lavorare molto tempo per arrivarci, mettere in successione una serie di azioni quotidiane, tanti piccoli passi che avrebbero fatto mutare le mie sensazioni.

Quello che non avevo immaginato e non avevo potuto programmare era un cambiamento che sarebbe avvenuto ancora più in profondità, quello del mio rapporto con gli altri.

Le persone che incontravo non sapevano nulla del mio passato e dovevo farmi conoscere per ciò che ero in quel momento, nel presente, un gesto ed una parola dopo l’altra. L’immagine che mi veniva restituita dai miei nuovi conoscenti era ciò che ero diventata per loro in quell’istante. Mi sono resa conto di non dover fare costantemente i conti con il passato, come se avessi avuto una nuova possibilità e fossi tornata a far parte degli adolescenti con il vantaggio rispetto a loro della consapevolezza del mio essere.

Ho avuto quindi la possibilità di riflettere sull’influenza che l’ambiente può avere sul carattere di un giovane ancora sprovvisto di una propria esperienza di sé. Si affida al giudizio altrui in tutto e per tutto, dal genitore all’insegnante.

La mente dei giovani è plasmabile, di questo un adulto deve essere sempre consapevole.

Uno sguardo, una parola di un genitore e al bambino o al ragazzo viene fornito un tassello che comporrà l’immagine che lui avrà di sé. Ciò che l’ambiente gli avrà confermato di essere sarà un facile appiglio per costruire il carattere. 

Per questo motivo si rischia che un bambino descritto costantemente da un genitore come “monello” si comporti sempre da monello, perché si riconoscerà in quell’atteggiamento.

Un bambino che nei primi anni di scuola raggiunge buoni risultati e viene lodato sarà più propenso a confrontarsi con nuove sfide proponendo un atteggiamento costruttivo.

La preferenza di una certa materia scolastica sarà influenzata dalla propensione innata dello studente, dalla simpatia  e dalle capacità di fare chiarezza sugli argomenti dell’insegnante ma anche dal giudizio che lo studente riceverà nelle verifiche, la restituzione di un numero che lo qualifica.

In ambito scolastico però non ci sono soltanto i voti. 

Esistono delle etichette ancora più pesanti da portare. 

Sono le diagnosi di Disturbi Specifici dell’Apprendimento, sottoscritte da neuropsicologi in seguito ad una valutazione delle capacità più o meno compromesse nell’ambito della lettura, scrittura o calcolo.

L’acronimo di questi disturbi è DSA.

La diagnosi è necessaria perché in ambito scolastico è richiesta una certificazione per poter godere di pari opportunità.

Io insegno a bambini che hanno difficoltà con la matematica e che presentano DSA, già certificati o in fase di analisi.

Io devo affrontare con loro la materia scolastica che trovano più sgradevole e in cui si sentono meno capaci. Alcuni arrivano presto, nei primi anni di studio, altri hanno già un passato di continui fallimenti e quindi una grande “etichetta”.

In questi ragazzi io devo scardinare il senso di sconfitta cui sono abituati e convincerli ad iniziare una nuova sfida.

Il cambiamento come sempre non è repentino ma con gli anni ho imparato che oltre al duro lavoro, lungo e costante, ho alcune armi a mio favore.

Creo delle nuove etichette e uso quelle che ormai chiamo “parole magiche”.

Nel mio libro “Sassolini per contare” pubblicato da Voglino Editrice nel luglio del 2021 descrivo il ruolo di queste parole:

La parola magica, per come la vedo io, esiste davvero, e non ha un solo suono ma la medesima intonazione della voce.

Ha la dolcezza di un incoraggiamento, la melodia di un complimento, la leggerezza di un sorriso.

Unica avvertenza: le parole magiche non vanno sprecate ma usate in abbondanza nel momento giusto e per il motivo giusto, quando si è ottenuto un miglioramento.

I progressi vanno riconosciuti e sottolineati per permettere il cambiamento della percezione di sé.

In particolare descrivo come ho scoperto in prima persona il valore di una parola magica sopra ogni altra: 

La professoressa di chimica mi diceva “brava” quando riuscivo a completare dei semplici esercizi, talmente banali che mi sembrava di rubare quel complimento. Eppure un passo alla volta avevo scoperto la gioia di sentirmi dire quella parola e ne volevo sempre di più e allora studiavo, di nuovo e poi ancora, fino a decidere dopo la maturità che ce l’avrei fatta anche senza di lei al mio fianco, iscrivendomi all’università di chimica. Ormai ero  “Diventata” brava.

Ho vissuto un grande cambiamento. Ho potuto dare una svolta alla mia vita partendo da una situazione di difficoltà.

Questo è il motore principale, la mia esperienza diretta di cambiamento, che mi permette ogni giorno di aggiungere un tassello , una goccia di autostima a quei ragazzi che partono svantaggiati ma la cui indole di curiosità e il desiderio di riscatto non sono del tutto sopiti.

Hanno una difficoltà oggettiva che li limita. La loro certificazione permette di agire in ambito scolastico per dare loro le stesse possibilità degli altri studenti di crescere e migliorare.

Io fornisco le armi per attuare il cambiamento: spiegazioni, schemi, metodi di risoluzione dei problemi matematici ma soprattutto restituisco loro l’immagine positiva che mi danno con la costanza e la caparbietà.

E con loro osservo il cambiamento.


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