Passa ai contenuti principali

Il potere delle immagini nella matematica


Quando pensiamo alla matematica, spesso la associamo a numeri, simboli e formule astratte. Eppure, il primo ponte che costruiamo per arrivare a quei concetti è fatto di immagini. Non immagini qualunque, ma raffigurazioni visive che aiutano la mente a concretizzare ciò che altrimenti resterebbe nel vago.

Esiste una distinzione sottile ma decisiva tra raffigurare e rappresentare. Con raffigurare, intendo qui l’atto di costruire una prima immagine concreta, spesso intuitiva, che permette di iniziare a dare forma a un concetto ancora sfuggente. Rappresentare, invece, comporta un passaggio più consapevole e astratto, in cui quell’immagine viene elaborata, strutturata, interiorizzata. È l’atto di tradurre un concetto matematico in una forma che possa essere manipolata, discussa, interiorizzata.

Questa distinzione non è solo teorica: ha un impatto concreto sul modo in cui insegniamo la matematica. Stimolare il canale visivo nei ragazzi significa aprire una porta importante per la comprensione. Per alcuni è una via naturale, uno strumento interno già attivo. Per altri, invece, è una competenza da potenziare, perché spesso la difficoltà nasce proprio dall’incapacità di vedere ciò che si sta cercando di capire.

Le immagini sono utili anche — e soprattutto — per chi ha fragilità in questo campo. Offrire percorsi di visualizzazione consapevole può fare la differenza nei processi di apprendimento più complessi. Un’immagine ben costruita può diventare una vera e propria chiave di accesso al significato matematico, e aiutare l’alunno a non restare bloccato davanti all’astrazione.

Vi sono due passaggi fondamentali nel processo di apprendimento della matematica, entrambi essenziali per costruire una comprensione solida e autonoma.

Il primo è il passaggio dalla raffigurazione al codice matematico. Visualizzare un’idea è spesso il punto di partenza, ma è nella sua traduzione in linguaggio simbolico che si forma una vera padronanza. Non si tratta solo di vedere, ma di riuscire a esprimere ciò che si è visto con precisione e coerenza.

Il secondo è la costruzione di un’immagine a partire da un testo. Leggere un enunciato e riuscire a trasformarlo in uno schema o una rappresentazione è una competenza chiave. Spesso è proprio questo passaggio a rendere possibile l’accesso al significato profondo di un problema.

Ci sono momenti in cui tutto resta confuso, opaco, difficile da afferrare. Poi qualcosa prende forma: una linea, un disegno, uno spazio che si chiarisce. Lì, nel passaggio tra ciò che si vede e ciò che si comprende, l’apprendimento diventa reale. E silenziosamente, cambia tutto.

Commenti

Post popolari in questo blog

Socrate e Pitagora

La maieutica, o metodo socratico, è una tecnica filosofica attribuita a Socrate il cui scopo è guidare una persona verso la conoscenza attraverso il dialogo e la riflessione. Il termine deriva dal greco "maieutikḗ", che significa "arte di far partorire". Socrate paragonava il suo metodo al lavoro della levatrice, capace di "far nascere" idee e verità già presenti nella mente dell’individuo, ma ancora inespresse o non pienamente comprese. Facile, no? Negli ultimi anni l’educazione ha attraversato profondi cambiamenti, abbracciando metodi sempre più interattivi e collaborativi.  Ispirati alla maieutica con ottime intenzioni, vengono applicati in modo confuso, tradendo i presupposti iniziali, vista la natura umana dei docenti. Lavorando a stretto contatto con chi vive difficoltà scolastiche, noto come la totale eliminazione della didattica frontale, attuata ormai da molti docenti, generi non pochi problemi, ancor più nella matematica, dove una teo...

Ma tu ...da che parte stai?

In questo continuo braccio di ferro tra scuola e famiglie, tra docenti impreparati e genitori che non accettano i limiti dei propri figli, tra presidi che non difendono gli insegnanti che fanno adeguatamente il proprio lavoro e tutor che credono di aiutare ma spesso semplificano troppo, io non sto né da una parte né dall’altra.  Io preferisco stare dalla parte dei ragazzi e se proprio devo preferisco giocare al tiro alla fune con loro. Li vedo soffocati da materiali didattici illeggibili, non spiegati, pensati solo per chi è già bravo. Li vedo in balia di famiglie che urlano invece di ascoltare, che si rifugiano dietro diagnosi senza accettare che a volte serve fermarsi per imparare meglio. Li vedo lasciati soli da chi dovrebbe guidarli e da chi, in buona fede, offre strumenti inadeguati perché non conosce davvero la materia. Io resto al loro fianco! Ma stare dalla parte dei ragazzi non significa giustificarli sempre. Significa aiutarli a capire quando non stanno lavora...

il mondo è fatto a scale....

Qualche sera fa ho assistito a un concerto Candlelight. L’atmosfera era perfetta: luci soffuse, candele a centinaia, silenzio attento da parte del pubblico. Sembrava l’occasione ideale per lasciarsi trasportare dalla musica.  Purtroppo però, nel momento stesso in cui è iniziata la performance, molte cose non sono andate come speravo. Ho sentito un arrangiamento musicale dissonante, privo di armonia, senza struttura: i due violini e la viola portavano avanti le stesse note e il violoncello pareva non voler cedere spazio ai tre strumenti antagonisti. Nessuna coerenza tra gli strumenti o cura nei passaggi. Nessuna alternanza di voci. Anche il tecnico del suono non ha svolto adeguatamente il suo compito, si è limitato ad accendere e spegnere il microfono, senza regolare i volumi. Alcune voci erano soffocate, altre gracchiavano dalle casse, posizionate peraltro troppo vicino agli spettatori. Il risultato è stato un’esperienza stonata, sbilanciata, fastidiosa, nonostante le b...