Sono una specialista nell’intervento in matematica e opero in Ticino, dove seguo studenti di diverse età e con profili di apprendimento molto differenti.
Il Ticino, come parte della Svizzera, si posiziona storicamente bene nelle indagini internazionali PISA: nell’ultima rilevazione (2022), la Svizzera ha registrato una media di 508 punti in matematica, ben sopra la media OCSE (472), e oltre l’80% degli studenti ha raggiunto almeno il Livello 2, considerato lo standard di competenza di base.
Questi risultati incoraggianti tuttavia non cancellano ciò che vedo ogni giorno nel mio lavoro. La matematica non è priva di criticità: la richiesta del mio intervento si fa sempre più pressante, perché evidenti lacune, presenti sin dai primi anni di scuola, rendono poi difficile il recupero. I ragazzi in difficoltà devono quindi intraprendere percorsi paralleli, dove la matematica è semplificata.
Questi casi mi spingono a pensare che, anche in un sistema con buoni risultati, è fondamentale agire tempestivamente per non lasciare che le difficoltà si consolidino.
Allo stesso tempo, osservo con attenzione ciò che accade in Italia, la mia terra d’origine. Pur essendo un contesto scolastico diverso, in Italia come in Ticino, la matematica presenta difficoltà diffuse e persistenti, seppure con esiti medi sensibilmente diversi: in Svizzera i risultati restano complessivamente alti, in Italia più problematici e segnati da forti divari territoriali.
Due realtà vicine geograficamente ma profondamente diverse per approccio educativo si trovano dunque ad affrontare lo stesso nodo: la matematica è percepita e vissuta come una materia difficile, con risultati che potrebbero essere molto più alti.
Tutti i principali studi sulla didattica della matematica concordano:
Le competenze di base si formano nei primi anni di scuola.
Gli apprendimenti matematici precoci hanno un effetto “a cascata” su tutti i livelli successivi.
Intervenire tardi significa dover “riparare” difficoltà già consolidate, spesso con sforzi doppi e risultati dimezzati.
Quando i cervelli sono giovani, la plasticità cognitiva è al massimo: i bambini sono più recettivi, più veloci nell’assimilare concetti astratti e nel trasformarli in schemi mentali stabili. È in questa fase che bisogna “innescare” un rapporto positivo con la matematica, un linguaggio che troppo spesso viene percepito come ostile o inutile.
Nel mio lavoro mi capita spesso di seguire bambini in quarta o quinta elementare. In questi casi, c’è ancora tutto lo spazio per intervenire in modo mirato, rinforzare le basi e permettere loro di affrontare con sicurezza i passaggi successivi.
In altre situazioni, invece, i genitori si accorgono più tardi delle difficoltà o i figli riescono a compensare abbastanza bene durante la primaria o, peggio, la scuola primaria non ha svolto adeguatamente il suo compito: gli studenti arrivano così alle medie o addirittura alle superiori, con lacune che cominciano a diventare evidenti e diffuse. In questi casi io posso ancora ricostruire e rimetterli sul percorso giusto, ma questa non è una soluzione percorribile per tutti: non tutti possono permettersi un intervento privato con una professionista del settore, a pagamento.
Ecco perché bisogna assolutamente intervenire e farlo in modo strutturato all’interno della scuola dell’obbligo già alle elementari, ma anche alle medie: questa è la strada per garantire che nessuno resti indietro.
Innalzare il livello della matematica nella scuola dell’obbligo non deve significare abbassare l’asticella, ma dare a tutti strumenti solidi per raggiungere gli obiettivi.
Questo implica:
Didattica ben progettata.
Materiali visivi e concreti che aiutino a costruire immagini mentali stabili e durature.
Tempi di esercizio distribuiti per consolidare la memoria a lungo termine.
Valutazioni intermedie chiare, che diano il giusto peso al voto come indicatore della comprensione di ogni argomento.
Noto infatti molto spesso che certi argomenti mettono in difficoltà più di altri. E i voti mettono in evidenza questi temi.
Non possiamo permetterci di perdere pezzi lungo il percorso: per questo la valutazione è uno strumento indispensabile. È il nostro indicatore per capire dove intervenire, come calibrare la didattica e come assicurare che ogni studente possa avanzare con basi solide.
In Italia esistono le prove INVALSI, in Ticino le prove Cantonali per poter avere un riferimento omogeneo.
Nelle regioni italiane dove le prove INVALSI mostrano gravi lacune in matematica accade però che i voti di maturità siano tra i più alti d’Italia. Al contrario, in regioni dove le competenze rilevate sono solide, le lodi sono rare.
Questo scollamento rischia di dare un messaggio sbagliato: che il voto sia scollegato da standard concreti e competenze effettive.
Il voto è necessario però ha senso se:
è attribuito con criteri chiari e coerenti in tutto il territorio;
viene accompagnato dall’analisi degli errori, per capire dove intervenire;
è usato come strumento di miglioramento.
Tornando alle difficoltà in matematica che rilevo nel quotidiano, se vogliamo un’Italia, un Ticino o una Svizzera italiana con competenze matematiche solide, dobbiamo impegnarci già dalle elementari.
Serve una strategia chiara:
Formazione mirata per i docenti di primaria in matematica.
Materiali e strumenti di qualità accessibili a tutte le scuole.
Monitoraggio costante dei progressi, senza ridurlo a un mero adempimento burocratico.
Progetti ponte tra primaria e secondaria di primo grado, per garantire continuità.
Investire sulla matematica nelle prime classi significa ridurre i divari, migliorare i risultati nelle prove nazionali e internazionali e dare a ogni bambino la possibilità di scoprire di poterci riuscire.
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